Castello e borgo medievale di Vairano Patenora
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Vairano Patenora e il suo borgo medievale

Tradizionalmente associato all'esistenza di un animale leggendario che popolava la piana del medio Volturno, il Vairo (incrocio tra un lupo e una volpe), riportato nell'iconografia dello stemma comunale, il toponimo di Vairano è, in realtà, il risultato dell'evoluzione linguistica del prediale romano Vairanus, che fa riferimento al territorio posseduto, in età romana, da una gens Varia. L'attributo di Patenora, invece, è il risultato di un errore di trascrizione della parola Patenara (o Patenaria), toponimo (attestato già dal IX secolo) usato per indicare l'ampia pianura stretta fra il Matese e il masiccio vulcanico del Roccamonfina e attraversata, già dal IV secolo a.C. da un tratto della Via Latina. Frequentato fin dalla più remota antichità, il territorio, sebbene avesse ospitato una città sannitica sulla vetta del Montauro non dovette avere carattere urbano per tutto l'evo romano, in cui fu apprezzato soprattutto per la fertilità delle sue terre. Solo nel Medioevo, con la fondazione della primitiva strutura castrale e con il suo sviluppo centrifugo completatosi in epoca angioina, venne ad assumere i connotati di vero e proprio "centro urbano". L'epoca di fondazione e l'identità del fondatore delle sue primitive strutture sono ancora un mistero, che, in assenza di scavi archeologici e di fonti storiche attendibili, al momento sembra difficile da chiarire. Il primo documento che fa specifico riferimento ad un castrum Vayrani è un atto di concessione e conferma di benefici dell'imperatore Guglielmo II il normanno (fine del secolo XII) all'abbazia cistercense di S. Maria di Ferraria (edificata tra il 1171 e il 1179). Nel 1193 la fortezza dovette essere così arcigna da respingere l'assedio dell'esercito combinato di Enrico VI di Svevia e di Roffredo dell'Isola, abate di Montecassino e tale evento, registrato nel Chronicon di Riccardo di S. Germano, è riassunto nel cartiglio presente sullo stemma comunale ove è scritto:" Vairanum impugnans in nullo profecit". Relegato inizialmente tra i castelli di importanza minore nel Mandatum pro reparatione castrorum imperialium (emanato da Federico II di Svevia nel 1231), esso risorse e fu ampliato durante il regno di Carlo I d'Angiò (1266-1285). In tale periodo il borgo raggiunse la massima estensione e fu visitato anche dallo stesso re e dal papa Gregorio X.
     Il secolo XV fu devastante per Vairano e per il suo borgo. I saccheggi delle soldatesche mercenarie del patriarca Vitellesco(1437) e i danni causati dal terribile sisma del 1456 fornirono ad Innico II d'Avalos, feudatario degli ultimi anni del secolo, un possedimento povero, con popolazione decimata e depressa e strutture castrali gravemente danneggiate. Per tale ragione egli ricostruì e potenziò il castello e il borgo, adattandoli alle esigenze dei tempi.
     Le successive ristrutturazioni furono operate dai componenti della famiglia Mormile a partire dal 1590 e fino all'eversione della feudalità: la fortezza fu gradualmente trasformata in un comodo palazzo residenziale e il borgo venne ad assumere l'aspetto che, sostanzialmente, conserva anche oggi.
     A partire dalla fine del secolo XVIII anche l'abitato extra moenia cominciò la sua espansione e nella seconda metà del secolo XIX Vairano assurse a grande splendore, dopo di che, iniziò il costante declino che lo portò ad assumere l'attuale dignità.

                                                             Adolfo Panarello